Cosa può fare l’agricoltura sociale per l’empowerment dei giovani NEET? Noi partiamo dal recupero della fiducia in se stessi
I dati sul tasso di Neet in Italia, resi noti da Eurostat, invitano ad una seria riflessione il mondo del lavoro. Specialmente il settore dell’impresa sociale, per eccellenza il mondo che ha l’obiettivo di aprire gli spazi preclusi alle categorie che rischiano l’esclusione.
Il 25,7% dei giovani italiani (15-24 anni) non studia e non lavora. Uno su quattro. Nessun’altro Paese in Europa raggiunge tali proporzioni.
Perché così tanti Neet? Le storie dietro i numeri
Ci ha colpito la storia di uno dei ragazzi che ci è stato segnalato, in questi mesi, e al quale abbiamo fatto provare per un giorno le nostre attività in agricoltura sociale. Una storia incredibilmente simile a quella di tanti ragazzi che abbiamo conosciuto proprio con il progetto NEET – Nuove Esperienze Educative Territoriali.
Ci sono storie, infatti, dietro i numeri e le statistiche. Vite reali, come quella di questo ragazzo che chiameremo Ernesto.
Ernesto è un ragazzo di Roma di 21 anni. Da tre anni, dopo aver conseguito il diploma, non studia e non lavora. Nel suo quartiere della periferia romana le sue giornate passano nella noia, lamentandosi di chi racconta di una crisi ormai finita.
Sognava di frequentare lo IED e studiare design industriale, ma la sua famiglia non può permettersi di pagargli gli studi. Ha inviato CV a destra e a manca, ma nessuna azienda gli ha risposto. Difficile, in un mondo ipercompetitivo, andare avanti senza l’adeguata formazione. E oggi le sue giornate si perdono in una routine che, nonostante la sua straziante immobilità, travolge come un vortice e impedisce di cambiare il corso della propria vita. Non è un fannullone Ernesto: la mattina si alza presto per aiutare la madre, fare la spesa e cucinare. Ma i suoi lunghi pomeriggi si spengono accendendo la PlayStation. Pochi svaghi la sera, con gli amici. Non ci sono i soldi. Poche prospettive di cambiamento. Da dove ricominciare dopo le prime delusioni e i lavoretti pagati in nero?
La sfiducia
A Ernesto non manca la voglia di impegnarsi. Mancano le opportunità e gli stimoli. Stimoli che, come la determinazione, si perdono facilmente quando la società non riesce a rispondere alle difficoltà incontrate da un ragazzo così giovane. La sfiducia frena Ernesto e tanti altri ragazzi.
Il contesto del quartiere di periferia, la situazione familiare, l’assenza di risposte dalla società e dalla politica, la debolezza dell’economia e delle aziende italiane. Tutto questo alimenta il senso di sfiducia che porta ad arrendersi. Non ci si forma più perché l’istruzione ci appare solo come qualcosa di irraggiungibile. E come affrontare un colloquio, se quella sfiducia la si trasmette a prima vista?
Abbiamo conosciuto questa sfiducia in tanti ragazzi che abbiamo incontrato nel nostro cammino. Non a caso gli adolescenti, in particolare i Neet, sono tra i principali beneficiari dei nostri percorsi di inclusione sociale in azienda. Ragazzi che abbandonano la scuola o qualsiasi cosa intraprendano. Drop out, come vengono definiti. O adolescenti che provengono da contesti molto difficili, tanto da non dar fiato ai sogni. Ma in moltissimi di loro, poi, abbiamo rivisto anche la capacità di riprogettarsi.
L’agricoltura sociale: Riprogettarsi e superare la sfiducia
Questa è la soluzione che la nostra esperienza ci suggerisce: ricostruire la fiducia nel futuro; trovare gli stimoli per riprogettare la propria vita. Come? Accorgendosi di saper fare qualcosa. Generare nuova vita da un seme e poterne mangiare il frutto, produrre qualcosa che diventerà guadagno per un’azienda. L’Agricoltura Sociale ci ha permesso di vedere tutto questo. Ma non solo. Ci sono risultati che arrivano molto prima. Anzi, immediatamente. È qualcosa di rivoluzionario passare una giornata diversa, all’aria aperta insieme ad altri ragazzi, per chi vive tutta la sua vita davanti ad un computer. Questo è un feedback che riceviamo da tutti i ragazzi. Il potere rilassante, nonostante la fatica, e stimolante, a dispetto dei pregiudizi, che ha la natura. Qui, in campagna, gli umani trovano la loro dimensione originaria.
E poi si impara tanto dall’agricoltura sociale. Soprattutto l’integrazione. Con i ragazzi stranieri o i disabili. Ci si sente inclusi nella società aiutando a includere gli altri.
Molti dei ragazzi che abbiamo conosciuto hanno ripreso gli studi, hanno trovato un lavoro (magari nella stessa azienda nella quale hanno vissuto la propria esperienza formativa), hanno iniziato un’attività di volontariato o il servizio civile. Nuovi stimoli, nuova fiducia, spazi per riprogettarsi. I Neet non sono fannulloni, hanno solo bisogno di opportunità.