Al momento stai visualizzando La legge sull’agricoltura sociale presentata a Expo 2015
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Andrea De Dominicis (Responsabile attività di agricoltura sociale di Kairos) e Martino Rebonato hanno partecipato a Expo Milano 2015 all’evento internazionale sull’agricoltura sociale

 

Il 22 settembre intanto è entrata in vigore la nuova norma. Il viceministro Olivero: «Le imprese sociali agricole avranno subito la possibilità di poter avere uno specifico riconoscimento, e quindi un accesso alle risorse»

«L’elemento più rilevante è la definizione chiara e nitida di “agricoltura sociale”», ha detto in occasione di un evento organizzato in Expo dal Mipaaf e dall’Ente Nazionale per il Microcredito (dal 2011 al 2014 finanziate 34mila imprese agroalimentari che non avevano garanzie da offrire), il viceministro dell’Agricoltura, Andrea Olivero, che ha seguito l’iter della legge passo dopo passo, «le imprese avranno subito la possibilità di poter avere uno specifico riconoscimento, e quindi un accesso alle risorse. A partire dalle prossime settimane gli enti regionali potranno costruire i propri piani di sviluppo rurale e i relativi bandi».

Lo spirito della riforma è molto chiaro: le aziende agroalimentari possono e spiegabilmente debbono diventare un catalizzatore economico-sociale del territorio di riferimento. La legge invita e stimola le aziende a contribuire a creare infrastrutture e servizi di welfare tali da garantire la permanenza, se non il ritorno delle persone anche nelle aree rurali più interne, dove spesso si coltivano prodotti di grande qualità ed eccellenza made in Italy. L’economia sociale in questo senso è quindi il modello al quale le aziende agroalimentari sociali debbono tendere per garantire lunga vita ambientale, economica e sociale a se stesse e al territorio circostante.

A fianco di Olivero ha partecipato all’evento l’ex presidente dell’Uruguay Josè Mujica (l’intervista video è di Andrea Rapaccini). «Tutto può distruggersi un domani, tranne la terra e le mani che sempre in futuro la coltiveranno. E intorno a questa terra e a queste mani può crescere un’economia più felice e armoniosa», ha detto Mujica (che a fronte di uno stipendio da senatore di 8.300, ne tiene per sé solo 800, donando il resto a ong e associazioni non profit).

E a Vita ha ricordato come il messaggio del Papa per una nuova economia sia «poderoso», perché riesce a raggiungere tutti, credenti e non credenti. E infine i migranti. Su cui occorre cambiare paradigma, perché il loro esodo «è inevitabile come le rughe e i capelli bianchi», per questo sconfiggere la povertà in Africa diventa una questione che interroga il Mondo intero: «Quello potrebbe essere uno straordinario mercato anche per i prodotti alimentari che produciamo in eccesso».

Fonte: vita.it


Contatto con la natura, fatica, pazienza, necessità di fare le cose insieme e darsi delle regole: l’agricoltura è già in se stessa una scuola di vita, ma in particolare lo può essere per chi nella sua vita si è perso. Per questo sono sempre più diffusi i progetti che utilizzano i lavori agricoli per il recupero di persone afflitte da dipendenze, dagli stupefacenti al gioco d’azzardo. Sabato 18 luglio Cascina Triulza – Padiglione della Società Civile di Expo Milano 2015 ha ospitato la presentazione di “Ricominciamo dalla terra”, progetto di agricoltura sociale elaborato da FICT – Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, che mira a dare opportunità lavorative e inclusione sociale a soggetti svantaggiati e psichicamente fragili. Hanno partecipato Pierluigi Ricci (Centro di Solidarietà CSA di Arezzo), Mariafederica Massobrio (Coordinatrice del progetto), Saverio Senni (Dipartimento Dafne – Università della Tuscia), Martino Rebonato (Esperto di sistemi di Welfare e valutazione politiche sociali), Matteo Pisciotta (Chef Ristorante “Luce” – Villa Pansa – Varese). Un evento pieno di voglia di fare, accompagnato da brevi intermezzi del coro Voicefull Quintet.

 

Le nuove dipendenze

“Dagli anni Ottanta ad oggi abbiamo visto un radicale cambiamento nelle tossicodipendenze –  ha raccontato Pierluigi Ricci – se all’inizio la droga era un modo di ribellarsi ed autoescludersi dalla società, oggi paradossalmente è un modo per essere accettati, risultando più efficienti e dinamici. Ciò ha complicato enormemente il lavoro di reinserimento, aggravato ulteriormente dal venire meno di quel tessuto economico diffuso che poteva accogliere la persona che usciva dalla comunità – continua Ricci – per questo abbiamo dovuto cercare nuove strategie, che facciano da ponte tra la comunità di recupero e la società esterna”.Valorizzare le proprie risorse

“Nella crisi in cui eravamo, ci siamo resi conto che alcune delle nostre comunità di recupero avevano potenzialità agricole, in particolare a Varese per i mirtilli, ad Arezzo per il miele e a Viterbo per gli ulivi – spiega Mariafederica Massorbio – con determinazione e forza di volontà abbiamo quindi elaborato il progetto, selezionato le persone motivate e trovato donatori e finanziatori a cui saremo sempre grati. L’ultimo traguardo raggiunto è il nostro marchio: “A mani nude”.Un’agricoltura a colori

“Nel 1964, ancora bambino, ebbi la fortuna di visitare l’Expo di New York e vedere i primi televisori a colori – ha raccontato il Prof Saverio Senni – ecco, per me l’agricoltura sociale è come il passaggio da un un’agricoltura in bianco e nero a una a colori, perché realizza pienamente quell’idea di multifunzionalità dell’azienda agricola a cui miriamo. Il lavoro agricolo ha innate proprietà terapeutiche, perché ci aiuta a capire la vulnerabilità, la reciprocità e la responsabilità: mirtilli, api e ulivi richiedono di essere curati e loro curano noi”Curare con il fare

“L’approccio classico alla terapia psicologica ha sempre dato molta importanza all’uso della parola – ha spiegato Martino Rebonato – mentre sono state sottovalutate le proprietà terapeutiche del lavoro manuale. L’agricoltura sociale non può certo risolvere ogni aspetto della cura e reinserimento, ma può essere una grande svolta, soprattutto per creare un welfare integrato”.