Con il progetto Famiglie e servizi in Rete, Kairos ha effettuato la mappatura dell’accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino nel Lazio
In occasione del seminario conclusivo del progetto Famiglie e servizi in Rete, Martino Rebonato di Kairos ha illustrato il risultato della mappatura delle strutture che nel territorio della Regione Lazio si occupano dell’accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino. Il progetto è stato finanziato dalla Regione stessa e dall’ IPAB Asilo Savoia, ente Gestore dell’Avviso. La mappatura è stata realizzata in collaborazione con la Rete delle strutture e dei servizi per i nuclei mamma-bambino e costituisce l’aggiornamento al 31 dicembre 2016 dei dati raccolti dall’Associazione Oasi nel corso del progetto Mam&Co.
La mappatura
È disponibile per il download il documento prodotto dalla ricerca/mappatura.
Il processo
La ricerca-mappatura, azione prevista nell’ambito del progetto “Famiglie e servizi in rete per i nuclei mamma-bambino”, si era proposta l’obiettivo di ampliare la conoscenza del sistema dei servizi e degli interventi istituzionali specifici per i nuclei madre-bambino. La ricerca si è concentrata sui servizi residenziali rivolti a “nuclei composti da una madre sola con uno o più figli minorenni conviventi, che vivono in situazioni di forte vulnerabilità psico-sociale, presi in carico dai servizi sociali istituzionali”.
La ricerca è stata realizzata nel periodo maggio 2016 – febbraio 2017. Sono state raccolte informazioni dagli elenchi presenti nel Sistema Informativo Sociale della Regione Lazio, che successivamente sono state vagliate e confrontate con altre ottenute da esperti del settore e dagli Uffici di Piano dei Distretti sociali. A dicembre 2016 è stata inviata una Scheda-questionario a tutte le strutture residenziali di cui si aveva notizia che avessero accolto nuclei mamma-bambino nel corso dell’anno solare 2016.
I risultati: premessa
I dati disponibili sul Sistema Informativo dei Servizi Sociali del Lazio, aggiornati al 2011, riportano informazioni anagrafiche di 81 realtà che si occupano di “donne in difficoltà, eventualmente anche con bambini”.
Se si considera che tra le realtà censite oltre 30 sono sportelli informativi, servizi di assistenza economica o strutture che accolgono prevalentemente donne maltrattate e vittime di violenza, che solo in alcuni casi sono mamme con il loro bambino, si è partiti da una stima che ipotizzava che sul territorio laziale fossero funzionanti circa 50 strutture residenziali specificatamente dedicate all’accoglienza di nuclei mamma-bambino, di cui 3/4 a Roma e 1/4 negli altri territori.
Questi dati sono stati oggetto di un’accurata analisi e verifica. Ne è emersa una situazione incerta: alcune strutture presenti negli elenchi non erano più operanti, altre avevano cambiato la tipologia delle persone accolte, altre ancora, attive da anni, non erano invece ancora presenti nel data-base.
Nel giro di alcune settimane di lavoro si è giunti così ad un elenco sufficientemente attendibile di 43 strutture, di cui 33 a Roma e 10 nel resto della regione Lazio (3 Latina, 3 Viterbo, 2 Frosinone, 1 Rieti e 1 Valmontone – RM).
A tutte le strutture identificate è stata inviata una scheda-questionario per raccogliere informazioni e dati, riferiti all’anno 2016.
Sono pervenute compilate 34 schede (di cui 28 da Roma e 6 dal resto della regione), il 79% di tutte quelle trasmesse. Solo 9 strutture non hanno partecipato alla ricerca, di queste 3 non sono risultate raggiungibile né via telefono/fax, né via mail (il che fa pensare che probabilmente non siano più attive). Si considera questo un risultato altamente positivo, in raffronto con altre ricerche a livello nazionale, in cui il tasso di risposta è decisamente inferiore.
I risultati: dati
Sulla base delle schede pervenute, risulta che più della metà (56%) delle strutture residenziali attive nel 2016 per i nuclei mamma-bambino sono catalogabili come “Casa/comunità a dimensione familiare” (casa famiglia, casa di accoglienza…), alcune anche con alloggi per la semi-autonomia.
Quasi tutte le strutture che hanno risposto al questionario informano che la loro apertura è relativamente recente. 20 strutture su 34 (58,7%) sono state aperte dopo il 2000.
Sono 6 le strutture che fanno capo ad enti locali. Le organizzazioni titolari delle altre 28 strutture sono organismi privati: associazioni (12), enti religiosi (11), cooperative sociali (3) o “altro” (2).
Dalle risposte al questionario risulta che nelle 34 strutture vi sono complessivamente 488 operatori, con una media di 14 persone per struttura. Si tratta di 182 operatori retribuiti, 219 volontari e altri 87 collaboratori diversi (ad es. giovani in servizio civile, stagisti, ecc.).
Complessivamente le strutture residenziali censite dalla ricerca hanno dichiarato una capacità ricettiva di circa 513 posti letto (esclusi quelli per i bambini con meno di 3 anni)4, equivalenti a quasi 250 nuclei mamma-bambino, con una media di circa 15 posti letto per struttura.
Quasi il 34% (173) dei posti letto sono riferibili alle comunità di pronta accoglienza, con una media di 29 posti letto per struttura.
Stime sulle strutture che non hanno risposto al questionario
Delle 9 strutture che non hanno risposto al questionario ovviamente non si hanno dati. Da informazioni empiriche si può comunque stimare che la loro capacità di accoglienza si aggiri complessivamente tra i 70 e i 100 posti letto (con una media tra gli 8 e gli 11 posti letto).
Tenendo conto di ciò e dei posti letto non registrati (per i bambini < di 3 anni), si può stimare che il sistema delle strutture residenziali per nuclei mamma-bambino nel territorio della regione Lazio abbia una capacità di accoglienza in contemporanea di circa 300 mamme con 400 bambini, per complessive 700 persone.
Dalle schede trasmesse risulta che i nuclei mamma-bambino accolti nel 2016 sono stati 470 (13,8 per struttura): 261 (55.5%) nei Centri di prima accoglienza e 209 (44.5%) nelle altre strutture.
Tenendo conto delle schede non pervenute, si stima che le mamme accolte complessivamente nel 2016 nelle strutture residenziali siano state circa 550 (con i loro bambini significa circa 1.300 persone).
Dalla ricerca risulta che 15 strutture su 34 hanno accolto anche donne in difficoltà senza bambini (né in stato di gravidanza). Si tratta comunque di solo 35 donne (un dato coerente con la ricerca).
Situazione e condizione delle mamme
Per quanto riguarda la nazionalità delle persone accolte, la ricerca ha confermato con dati incontrovertibili il fatto che le strutture ospitano soprattutto donne straniere. Infatti solo il 25% hanno cittadinanza italiana. Ciò è particolarmente evidente nel caso delle donne accolte nei centri di prima accoglienza, in cui le donne straniere raggiungono l’84%. Tra le straniere, il gruppo più numeroso è quello delle donne provenienti da Paesi dell’Africa (quasi il 30% di tutte le mamme).
Un limitato numero di mamme accolte presenta problemi di salute: dai questionari compilati risulta che sono complessivamente 68 (14,5% delle donne accolte). Quasi la metà sono donne con disturbi di natura psichiatrica (32) che, per la loro complessa gestione, sono uno dei principali problemi segnalati dalle strutture. 13 sono le donne con dipendenze patologiche, a cui seguono i casi di disabilità fisica (11). Minori i casi di malattie sessualmente trasmissibili (9) o altre malattie e/o disturbi (3).
Più della metà degli invii (273 casi, pari al 58,1% del totale) è stata disposta dai servizi sociali degli enti locali. L’8,1% (38) da altre Istituzioni (Tribunali, Servizi della Giustizia minorile, ASL e altri servizi pubblici). In 64 casi, pari al 17,6%, le segnalazioni provengono da organismi non istituzionali (es. Centri ascolto Caritas, parrocchie, associazioni…) o in modo informale (autopresentazione, iniziativa della stessa struttura, ecc.). Per 81 casi (17,2%) non si hanno informazioni sufficienti. Solo nel 3% dei casi (14) le mamme accolte provengono da altre strutture residenziali per nuclei mamma-bambino.
La situazione delle strutture
Quanto alle modalità di finanziamento, dai dati raccolti risulta che solo 17 strutture su 34 (50%) si sostengono principalmente con rette/finanziamenti dell’Ente inviante (con percentuali tra l’80% e il 100% dei costi); mentre solo 4 strutture si autofinanziano con proprie risorse al 100%. La maggior parte hanno forme di finanziamento miste, quali fondi provenienti da enti pubblici, fondi propri e fondi derivati da donazioni/offerte e contributi vari. Praticamente nulli i ricavi provenienti da attività commerciali.
Le principali criticità segnalate dalle strutture sono, nell’ordine: problematiche specifiche dei beneficiari e del loro contesto familiare (es. casi troppo complessi, alta conflittualità con il partner/padre e/o con la famiglia di origine, ecc.); difficoltà di natura economico-finanziaria; scarsa collaborazione da parte dei servizi sociali; problemi di ordine burocratico (ad es. eccesso di pratiche e adempimenti); difficoltà di rapporti con la Magistratura; mancanza di occasioni di aggiornamento, formazione e scambio; problematiche di funzionamento interno.
Documento: continua a leggere i risultati della Ricerca
Video: l’intervento di Martino Rebonato che illustra la mappatura durante il seminario conclusivo del progetto Famiglie e servizi in Rete